Alla ricerca della ricetta perduta
Il Praio, come moltissime altre preparazioni della tradizione popolare, è un piatto la cui ricetta veniva tramandata da generazione in generazione. È una zuppa a base d’orzo, aglio e patate, ingredienti per così dire “semplici o poveri” ma tutti a portata dell’orto di casa.
Come per la “Considera”, la famosa polenta di patate, anche il Praio è uno di quei piatti che venivano abitualmente consumati nelle tavole delle famiglie dei Sette Comuni. Le zuppe qui in montagna sono un classico della cena, capaci di scaldare stomaco e anima dopo le fatiche del giorno. Con l’avvento del benessere però, la sua ricetta è stata quasi dimenticata.
Il Praio presentato dallo chef Gian Paolo Slaviero su un piatto di pane
Ogni cosa a suo tempo: la buona cucina lenta di una volta
Dimenticata non solo perché a base di ingredienti poveri, ma anche perché, come tutte le buone ricette di un tempo, la sua preparazione richiede pazienza e riposo. In ogni cucina tutto girava attorno ai ritmi e alle temperature della stufa: preparazioni e cotture avvenivano lentamente.
Come si prepara il Praio
Il Praio è una zuppa nutriente e robusta perché a base di orzo e patate. Sono due ingredienti tipici delle ricette dei Sette Comuni, in quanto qui in Altopiano, oltre alle patate venivano coltivati i cereali.
Il Praio è un piatto tipicamente serale che Gian Paolo Slaviero ricorda di aver mangiato almeno una volta la settimana durante la sua infanzia. Si inizia a prepararlo il giorno prima. Dopo la cottura dell’orzo di almeno tre ore, bisogna farlo riposare e raffreddare bene per altre dodici. Il giorno dopo, viene ripreso con il latte preferibilmente di capra o di pecora, come “‘sti ani”, ricorda Gian Paolo. Lo si riporta in bollore conferendogli la struttura di una zuppa.
Tra gli altri importanti ingredienti ci sono: l’aglio, il brodo di carne e, un po’ di strutto.
Lo chef Gian Paolo Slaviero durante la raccolta delle erbe nei boschi di Mezzaselva
Gli orti di Mezzaselva: la dispensa di casa
Gian Paolo ricorda che nel suo paese, Mezzaselva, i terrazzamenti e gli orti arrivavano fino giù a valle. “Mio papà” dice, “seminava soprattutto orzo, frumento e fagioli. Non c’era famiglia che non avesse un orto. Erano tempi difficili ma in casa non ci mancava mai nulla. È proprio dall’amore per la terra e dal rispetto dei suoi frutti che forse nasce la mia passione per la cucina della tradizione.”
Lo chef Gian Paolo Slaviero negli orti di Mezzaselva
Un custode della cucina tradizionale cimbra dei Sette Comuni
Gian Paolo Slaviero nasce nel 1955, il 14 febbraio, il giorno di San Valentino. All’epoca i suoi genitori avevano già avviato il Ristorante Albergo K2. Il ristorante però non è in paese e durante l’inverno, per potere andare a scuola, Gian Paolo resta ad abitare con la nonna. “È da lei che ho avuto l’imprinting per la cucina. La ascoltavo parlare cimbro con le amiche, perché qui, a quei tempi, nelle case tutti parlavano cimbro. Vivevo praticamente nella sua cucina e da lei ho imparato le ricette che negli ultimi anni ho riscoperto al K2. Non posso dimenticare le giornate trascorse con mia nonna Costanza “Tanta” di Mezzaselva, ma anche quelle con mia nonna Maria di Rotzo.”
La cucina del Ristorante K2 di Mezzaselva
Gian Paolo Slaviero si diploma in cucina alla Scuola Alberghiera di Recoaro sotto la guida degli chef Attilio De Paoli e Pietro De Stefanis. Due grandi maestri di quel tempo.
Oggi, nel suo ristorante di Mezzaselva, riscopre e rivisita le ricette della tradizione dell’Altopiano dei Sette Comuni, con una particolare attenzione per le erbe aromatiche e officinali dei nostri boschi.
Potrete trovare il Praio in menù circa 362 giorni all’anno 🙂
Magari una sera, sedetevi davanti al fuoco del camino del K2, magari dopo cena, con un buon bicchierino di “grappa all’Asperula” tra le mani. Gian Paolo Slaviero saprà raccontarvi dei prati, dei boschi e dei cimbri di Mezzaselva.
Lo chef Gian Paolo Slaviero prati di Mezzaselva
Ristoratori Sette Comuni | febbraio 2020
testo di Antonio Busellato
foto di Luca Benetti